lunedì 22 settembre 2008

Per Roberto Saviano


Carissimo Roberto, tanti auguri di buon compleanno!
Ti regalerei la mia torta muffin se potessi, purtroppo non so dove sei nascosto e in ogni caso penso che la tua scorta la “farebbe fuori” pensando che sia avvelenata.
Ho deciso di farti un altro regalo, allora, forse più importante e gradito.
Ti dono la compagnia di due ragazzi che oggi, su una panchina della Villa Dante, leggevano a voce alta l’articolo che hai scritto su Repubblica. Ti offro la loro solidarietà, la loro vicinanza, la loro sofferenza che si unisce alla tua. Ti offro le loro menti e il loro pensiero.
Sappi che stamattina, mentre il mondo girava attorno al proprio asse, mentre le cucine si riempivano di cibo, mentre i bambini tornavano da scuola, noi ti leggevamo, leggevo con in mente la tua voce, il tuo grido, il tuo dolore.
Non sei solo, questo è il mio regalo, la nostra compagnia, che, per quanto non potrà mai essere accompagnata da biscotti e the presi nello stesso salotto, né da commenti ad alcun libro, né da un caffè freddo in un pomeriggio estivo, è del tutto sincera.
Pensavo, nel parco, che avrei voluto urlare quelle tue parole, avrei voluto avere un megafono, farti sentire a quei ragazzi, che si baciavano sulla panchina accanto, a quei vecchietti, che dormicchiavano sereni forse sognando il famoso “si stava meglio quando si stava peggio”.
Poi mi è venuto in mente che il vero cambiamento comincia dalla famiglia.
La vera mafia siamo noi, siamo noi a farla crescere; il mostro si nutre dei nostri silenzi, della nostra indifferenza, non ci accompagna, si alimenta delle nostre menti annebbiate, siamo noi a dargli potere. Perché dobbiamo sempre nasconderci dietro frasi come “è utopistico, è impossibile, non si può”? Io credo fortemente che si possa, non riesco ad accettare questa realtà perché io non ne faccio parte. Non pretendo che il mondo sia a mia immagine e somiglianza, ma voglio che cambi in meglio. Dicono che sia propria della gioventù l’illusione di poter cambiare le cose, ho sentito più e più volte gli “adulti” affermare “lasciamoli vivere nell’illusione che il mondo cambi, che migliori, facciamogli credere di poter fare qualcosa, scopriranno da grandi che non c’è nulla da fare e che siamo destinati ad autodistruggerci”. Ma basta.
Tornando da quel parco c’era un ingorgo per strada, un signore ha deciso bene di lasciare la macchina in mezzo all’incrocio, non so, forse doveva prendere la figlioletta a scuola, io mi trovavo in coda dietro di lui e l’ho guardato con gli occhi sbarrati, gli ho chiesto “Scusi ma lei ha lasciato la macchina così?” e lui “Si”, alchè io “Ma.. le sembra giusto?” e lui “ehh la strada è questa, faccia retromarcia”. Il bello è che sono stata fortunata, perché era una persona “garbata”, ma per un attimo ho avuto paura che mi tirasse fuori dalla macchina per picchiarmi, perché avevo osato oppormi. Io non ci sto. Non voglio credere che questa sia la norma, ok, è una stronzata di esempio, ma il concetto è questo. Non accetto l’ingiustizia, non la tollero e, per quanto per i più possa essere utopia, voglio combatterla fino in fondo.
Grazie Roberto, leggendo quello che scrivi mi rendo conto che l’utopia è l’ostacolo che ci frena, che ci impedisce di darci da fare, di credere davvero che le cose possano cambiare.
La verità è cosa preziosa per chi sa accettarla.
Il mio impegno nel diffonderla è in tuo onore, è per tutti quelli che, come te, sopravvivono soffocando sotto il peso delle loro giuste parole.

http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/cronaca/caserta-sparatoria/saviano-omerta/saviano-omerta.html

Nessun commento: